Thursday 7 January 2010

ANI AGAIN..

TONIGHT YOU STOOPED TO MY LEVEL
I AM YOUR MANGY LITTLE WHORE...
(...)
JUST DO ME A FAVOUR
ITS THE LEAST THAT YOU CAN DO
JUST DONT TREAT ME LIKE I AM
SOMETHING THAT HAPPENED TO YOU...

MEAT





Perché come carne mi sento, carne come sei tu, bella e di buona qualità. Quella che ne vale la pena assaggiarne un pezzettino, a qualsiasi costo.

Carne da macello,
in bella vista sul bancone, dietro la vetrina.

Carne a chili.

Ed ora mi sento sporca, sudicia, utilizzata.
Zozza, consumata.
Mi hai presa con prepotenza e scartata.
Poi masticata velocemente e buttata giù.

A questo punto solo mi chiedo: chi è che fa più schifo di noi tre? Chi sta peggio? Chi soffre di più?
Non ci sono in gioco solo sentimenti, c'è il rispetto.

E la dignità.

Quella che tu hai smarrito in poche azioni.


and now i'm tired
and i am broke
and i feel
stupid and i feel used
and i'm at the end of my little rope
and i'm swinging back and forth
about you


ANI,
DONE WRONG

For my lover, returning to his wife

LET'S FACE IT, I HAVE BEEN MOMENTARY.
A LUXURY. A BRIGHT RED SLOOP IN THE HARBOR.
MY HAIR RISING LIKE SMOKE FROM THE CAR WINDOW.
LITTLENECK CLAMS OUT OF SEASON.

ANNE SEXTON

PAESAGGI URBANI


Soffrirei
se scappassi,
se svanissi prima che io possa
inscatolare nella retina
il ricordo di te
sudicio di pittura,
ridente
e consapevole.
Ti osservo,
lo sai,
ti imbarazzano
i miei occhi
che ti scrutano impertinenti,
impositori,
impostori,
qui e non invitati.
In nessun altro posto al mondo
vorrei
in questo momento stare,
nessun albeggiare esotico,
nessun ghiacciao statico,
nessun dorato litorale.
Ho te,
colonna sonora
dei miei sogni leggeri
di un gelato mercoledi londinese,
asciutto di neve ghiacciata,
stanco e lontano,
profano,
stupido e struggente.
Pomeriggio
di ricordi malfatti
ed odore di sesso speziato.
Mi sento raccolta
nel vuoto di un’anima dannata e persa,
e poi ritrovata;
mi sento straccio di pena,
addolorata e respinta.
Odo sibili di giochi remoti,
interrotti nella fretta della ricerca di un futuro distante.

Fiumi di silenzio contratto
invadono il mio ancor più acuto silenzio.
Picchiettare
di piedi malsani
di geni inquieti che cercano motivazioni:
d’esistenza,
d’essenza,
di frequenza.
Emozioni di plexiglass scaduto,
di vecchio velluto variopinto,
di raso sordo e stinto.
Fobia,
follia,
fanghiglia.
Le tue ciglia
concentrate sul lavoro,
sul gesso, i colori, la pittura.
Ed io
ho paura.
Paura
di vedere la fine
di tutto questo
prima che ancora abbia inizio.
E cosi' sara'...

PAINTING BY JON BRALEY

You'll shine like gold in the air of winter...


Fuori nevica. Qui, il quieto tepore del gas.
Tu dipingi ed io mi guardo intorno. Il pavimento, prima, le macchie di pittura bianca e rosa, i buchi sul cemento. Poi te, multicolore nel tuo acrilico vivace, che ti muovi lentamente, ma rude. Sposti le tele, le accarezzi, le guardi, le torni a cambiare di posizione. Ne hai sollevata una enorme e sei pronto ad oscillare la tua spatola su di una superficie candida e piana.
Il rumore del tuo lavoro accompagna i mie pensieri pigri, il tuo pollice sulla tela, poi la spatola, di nuovo. Tutto il resto è immacolato silenzio. Mi perdo nel tuo stucco, nel calore delle mie memorie disordinate.

Non scrivo bene ultimamente, è come se il mio cuore fosse geloso e non volesse condividere i propri sentimenti. Si sa, l’inchiostro ruba e non restitutisce.
Chissà perchè sono stata così male la settimana scorsa, non risalgo alla causa che mi ha gettato nello sconforto dei giorni passati, alla nausea che mi ha assalita recentemente. Sembra non essere mai esistita nel silenzio avvolgente del tuo laboratorio.
Sto iniziando a preferire la prosa al silenzio catartico del verso, alle metafore abbozzate dele mie scorse idee. Mi sembra più corretta, la prosa, più ben disposta verso il prossimo, più democratica nel descrivere le realtà: la tua, di protagonista e la mia, d'osservatrice apparentemente discreta.


painting by JON BRALEY.

About Sylvia and Ted...

Mi sto facendo un’overdose di Sylvia Plath. Le poesie, il romanzo, ora i diari, le varie biografie, quelle su di lei e quelle su Ted Hughes. Più leggo e, oltre ad adorarla, più rimango della mia antica opinione riguardo la relazione tra Sylvia e Ted. Non capisco come il movimento femminista possa aver addossato a Ted Hughes la colpa del malessere di Sylvia e, addirittura, del suo suicidio. È un’analisi che manca della benché minima profondità e solo fa emergere un’idea di Sylvia come una mentecatta, una povera cretina, una debole che perde il senno e molla tutto solo per il dolore provocatole da un uomo.
Chiunque possieda anche solo una millesima parte del genio creativo di Sylvia, sa che il dolore giace dentro noi, è generato dalla consapevolezza della futilità dell’esistenza del genere umano e gli eventi esterni giocano infinitesimali ruoli nel determinare i nostri stati d’animo. È l’essere coscienti che genera amarezze. Vi è chi lo sopporta, chi convive con il peso della conoscenza ed è capace di buttare uno strato di leggerezza sulla propria triste condizione e vi è chi, invece, si sente sopraffatto e cede sotto il peso della mediocrità del vivere.
Considerare Ted Hughes come la forza che ha fatto scaturire il male interiore di Sylvia, significa negare le sue immense ed incredibili qualità di poetessa, le doti di una scrittrice che soffriva per la propria condizione interiore; un essere geniale ed in quanto tale consapevole del compromesso che un’anima saggia è costretta a fare per trovare il proprio posto in un mondo bieco, insensibile e sterile.
Inoltre, la critica femminista tralascia una parte fondamentale della vita di Sylvia, cioè l’estate del 1954 quando dopo essere assalita da una profonda depressione, tentò ripetutamente il suicidio. Quasi lo conseguì con dei sonniferi e sopravvisse solo perché le pillole la fecero vomitare. Fu poi ricoverata al Maclean Hospital e subì una terapia di elettroshock. Sylvia era appena 22enne e Ted non sarebbe apparso nella sua vita fino all’anno succesivo. Questo prova che il suo malessere fosse già presente in lei, un tratto innato alla sua genialità e, certo, l’esperienza con Ted può averlo incrementato, ma sarebbe sucesso comunque, con qualsiasi altro uomo o senza nessuno.
Le anime sagge non hanno scampo.

madrugar...

Sono uscita alle sei, stamattina. Lesta, ho ammontonato strati e strati per accompagnare Elfo alla sua passeggiata mattutina. Ho scoperto chi dei miei vicini si sveglia presto la mattina mentre mi affrettavo verso la fermata del bus. Non avrei mai pensato che fosse lì, pronto a partire. Non pensavo che il mondo stesse già funzionando, non a quest’ora. Io, che le sei del mattino le vedo solo quando esco il sabato sera. Faceva un freddo cane ed avevo voglia di vomitare, ma sono stata felice al pensiero d’avere, per una volta, l’intera giornata davanti a me.