Saturday 11 July 2009

Fumo.
Lontano.
Luce soffusa.
Acqua.
Il colore verde soffoca le emozioni.
Momento di stallo.
Voglia di evoluzione.
E domani fuga, un’altra volta.
Da te, da me, da qui.
Tregua.
Respiro.
Tregua.
Mi chiedo perché ogni volta che scrivo sei tu che prendi la parola,
che mi sottrai l’esistenza,
con prepotenza mi rubi ciò che ho dentro,
fai piazza pulita di me.
Rabbia, ciò che susciti.
Tregua,
una richiesta,
una preghiera disperata.
E sto sola con me, sola.
Scendere da questo soppalco e vedere il mondo,
parlare le infinite lingue di questa Babele.
Ma non voglio, non posso, non voglio.
Perché è il mio momento,
introspezione pura,
la libertà questa volta nel fumo e l’oscurità.
Perché l’inchiostro è libertà,
ricerca di sé, calore.
Le voci...
Tu, lui, io.
Il tetto così vicino, così piccolo l’ambiente.
Così casa..
Non chiamatemi, non ora.
Non ho voglia di fare parte di voi,
di sporcarmi con parole che non sarebbero mie.
Lasciatemi la mia saliva,
non ho tempo adesso per la gola secca, per i sorrisi.
Voglio stare con me solo,
volermi bene almeno una volta,
prendermi cura di questo cervello,
di questo corpo a cui provoco amarezza e dolenza,
con tanta intenzione.
Ti prego, non chiamarmi.
Solo per un attimo.. lascia che assapori
questo momento,
il mio ego.
Che mi tocchi un ginocchio e lo riconosca mio,
che guardi il mio sterno,
che con la coda dell’occhio
osservi un angolo lontano e mi inumidisca le labbra.
Mai come ora.

Forse adesso ho voglia di scendere,
forse per placare questo pianto secco,
quest’implosione che mi sta ammazzando.
Squartando.
Squartando.
Squartando.
I-M-P-L-O-S-I-O-N-E.
Scriverlo lento per sentirlo più mio.
Scriverlo lento per sentirlo più mio.
Scriverlo lento per sentirlo più mio.
Scriverloveloceperchèscappidame,
per liberarmi della mia libertà.
Da questa catena creata con le mie deboli mani,
così sfinite per costruire,
così forti per distruggere.

Ora si che vorrei mi chiamassi.
Vorrei scappare da me,
forse è troppo tardi.
Ormai mi sono impossessata del mio essere.
L’ho fatto profondamente mio,
così mio che quasi non lo riconosco.
Raccolgo me stessa,
ciò che ne è rimasto.
Poi le poche cose che mi accompagnano,
il mio cuore, il mio corpo, il pensiero di lui.
E ti raggiungo. Si, questa volta lo faccio.
Per evitare di uccidermi di nuovo.
Evitarlo.
Pronta. Magari no.
Ma ho nuovamente voglia di violenza verso me stessa
E se scendo ci sarai tu a difendermi.

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