Friday 28 October 2011

HUMAN AFTER ALL

RIPORTO QUI UNO DEI TESTI DELLA SCRITTRICE LUNA MIGUEL CHE STO TRADUCENDO IN ITALIANO E CHE ADORO...è FAVOLOSA...


La morte non può essere provata né dai vivi, né dai morti, però si dai malati. Succede lo stesso con la pelle: quando sono nervosa me la strappo alla radice, attorno alle dita, fino a quando sanguina, ma anche così, dopo tanto dolore, non riesco a togliermela del tutto. Ai morti gli si leva la pelle (lo fa il fuoco? I vermi? Il tempo? Ha poca importanza). Il malato si spella senza dolore, si brucia senza fuoco, si mangia i vermi. In questa casa c’è un malato. Dire malattia significa dire follia. Vivo con un malato che si graffia le braccia, che rompe i mobili con le unghie, che mi morde il cuore con la sua tristezza. È pazzo e malato, però solo a volte. Lo amo e mi prendo cura di lui, ma solo il fine settimana. L’amore non può essere vissuto se non si è pazzi, o malati, o molto vivi o molto morti. Tuo nonno morì e gli cucirono la bocca affinché non uscisse il pus, o le mosche, affinché nessuno vedesse la sua faccia oscena di piacere: che solo i pazzi morti godono in tal modo…perché moriré ci rende eterni, tanto eterni quanto le onde che evaporate diventano nubi e che liquide diventano cancro. Cancri come il plurale di cancro, ossia tumore, come il plurale di abbraccio. Qualcuno mi insegnò a disegnare il vento ed era qualcosa di simile a questo. Un’onda nel mio sorriso, pensai, ovvero, amore, ti ho chiesto scusa troppe volte, scrisse Ferrater. Questo era il vento. Questo era nascere. Era morire senza morire e senza malattia. Dirti la verità: sono qui ed ho bisogno di te. Era dirti la verità. Osservo la mia mano in un’istantanea analogica, provo a toccarmi la mano con la mano, volevo dire, la mia ombra con la mano e non sto toccando niente. Ma ho bisogno di te. Ho le unghie colorate di rosso, o meglio, scolorite di rosso. Il mio amico russo mi disse che non ero una brava donna. Pronunciava distintamente la erre di “brava” e la enne di “donna”. Non sei una “brrrava donnnna” perchè hai le unghie poco curate. Mal curate e mal tagliate e mi ci strappo la pelle attorno. “Ferraterr”. “Morrirre”. “Donnnna”. Mi sento selvaggia quando mi strappo il sangue. Il mondo si fa selvaggio quando il sangue cade al suolo. Voglio che nascano figli da queste minuscole gocce. Che nascano bestie marine. Esseri mitologici. Uccelli giganteschi. Che Zeus balli e mi scopi, pure. Che scenda fino a qui la bocca del mio pazzo malato e mi renda fertile. La vita non può essere provata né dai vivi, né dai morti. Mia mamma mi leggeva l’Iliade ed altre storie “affinché apprendessi alcune scene, racconti e vocabolario”. Se vuoi fare la giornalista, mi disse, devi conoscere tante parole. Povera ingenua! Tante parole! Povera ingenua io! Giornalista! Le risposi “Per parlare del mondo ho bisogno di conoscere solo la parola morte” e lei rise, un poco perplessa. Bambina repellente. Morte repellente. L’infanzia non può essere provata né dai vivi, né dai morti perché i vivi non la ricordano ed i morti appaiono senza pelle. L’infianzia può essere provata solo dai malati e dai folli, dicevo. Come la vita e come la morte e come l’amore, forse. Un lutto. Una lunga solitudine in compagnia. La solitudine dell’innamorato folle. Dell’uccello carnivoro. Del letto che non cigola. Del bambino che non sa immaginare.

4 comments:

kjk said...

è davvero molto intenso... bellissimo...

Lisa said...

... quando esce in italiano? ^^

Sunshine said...

sto traducendo la raccolta..poi devo trovare un editore...chissà..spero presto!!!!!!!!!!!!

Anonymous said...

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