Ho lasciato il lavoro, un'altra volta. Ero stanca di vendere il mio tempo e regalare sorrisi a chi proprio non se li meritava.. Mi sono spinta all'estremo, fino a quando proprio non ce la facevo piu' ed ho lasciato che qualcosa facesse click nel mio cervello. Ho goduto delle prime giornate di liberta', assaporando ogni minuto, felice d'essermi scrollata il peso di un lavoro non adatto a me (ormai nutro consistenti dubbi sull'esistenza di una professione che lo sia), che scandiva i miei ritmi biologici con prepotenza capitalistica.
Poi, piano piano, l'ansia e' nuovamente sopraggiunta, le insicurezze sono emerse, le riflessioni sulle strade che si aprono e chiudono di fronte a me. Avendo momenti vuoti il mio cervello si scatena in poco proficue ponderatezze sul vivere.
Penso troppo e mi viene la nausea. Quella sartriana, quella dettata dall'incapacita' di stare al mondo con serenita'. Affiora la mia repressa consapevolezza della vanita' dell'esistenza.
Che triste la condizione dell'essere umano, che ha bisogno della trappola dei futili impegni quotidiani per evitare di riflettere sull'inutilita' della sua presenza su questa terra, e che triste personaggio sono diventata io, una ventisettenne in bilico in questo teatro dell'universo, alla vacua ricerca di un temporaneo equilibrio. Io, che aspiro ad una dimensione difficile da interpretare addirittura ai miei occhi. A me che avanza tutto. Non so perche' inserisco progetti nei miei caotici piani della settimana, per non pensare probabilmente. Sono stanca di scrivere tabelle di marcia che non sono interessata a rispettare, di ricevere telefonate, emails, messaggi, di avere gente che continuamente bussa alla porta. Non voglio andare alle feste, ne' a musei, ne' concerti. Gli autobus mi fanno venire l'ansia, sono pieni di gente che non capisco, che torna da fare centinaia di spese mentre il mondo muore di fame. E di tristezza.
Io voglio solo leggere. E scrivere.
Sono le due uniche cose che mi danno conforto, che mi danno pace e fermano un poco il mio cervello da questo incessante croggiolarsi.
Ma anche questo e' triste.
E' triste constatare che appena metto fine alla tortura emozionale del lavoro, sprofondo in una depressione che mi morde l'anima lentamente; appena smetto di vedere persone per obbligazione non riesco neppure piu' a godere delle relazioni personali.
Mi chiudo nel mio guscio di libri e pensieri e mi disgusta il mondo.
Saturday, 12 December 2009
12 /12
Miro el mundo desde afuera y me parece simplemente perfecto, me encanta!
Hoy todos parecen felices en esta esquina del mundo, los colores son muy bonitos, hay mucha luz, brilla mas que nunca hoy. La musica es dulce y las sonrisas alegres en este bar del este de Londres. Todos y todas, pero todos y todas, son guapisimos y amables conmigo, hay mercadillo hoy, mucha arte a mi alrededor. Estoy rodeada por cosas preciosas, lo que quiero esta aqui delante de mi.
Si solo pudiese tomar parte en ello, si no me sintiera tan miserable, tan fea, tan vacia, tan perdida, tan acabada...
Subscribe to:
Posts (Atom)