VORREI VIVERE SOLA,
DENTRO ME STESSA
Mi sento sterile.
E la realtà
mi fa di nuovo un male cane.
Sono ipersensibile
e super-impermeabile.
Non sono capace di fare mie le esperienze,
metabolizzarle
affinché m'insegnino.
Benché mi scivoli addosso,
la realtà mi ferisce,
gli avvenimenti mi tagliano,
mi riempiono della loro gravità.
Mi massacrano.
Non ho la forza di reagire
e mi lascio trasportare da questa marea inutile.
Vado a rilento;
quando è un vantaggio
e quando è una stronzata
perché rallenta l'entusiasmo,
perché perdi opportunità,
perché la vita scorre e ti senti perduta,
perché la gente cambia,
tu la ami
e poi non più,
succhi le persone
loro ti succhiano a te
e poi vi sputate a vicenda.
Non so perché questa circolare inquietudine,
ciclico malessere che ogni volta sordido torna in me.
Si ripresenta alla mia porta,
bussa dapprima lieve,
poi con fervore se faccio finta di non udire.
Ed entra in me.
S'accomoda,
rosicchia il mio ottimismo,
fa piazza pulita della mia serenità.
Una strage.
Sólo es cuestión de voluntad,
he aprendido.
Lo he aprendido
en los largos días de lluvia inglesa,
en el metro hacia el trabajo,
en casa.
He dado de hocicos
una y dos y tres
y mil veces.
He lamido mis heridas
para que se cicatrizaran
y he escupido la sangre
con la esperanza de contagiar
la repugnancia que me rodea,
para que se deshiciese,
se devastase.
Y he hablado,
cuanto he hablado,
a menudo he esputado palabras vacías.
Cuanto dolor,
amargura,
melancolía.
Cuantas veces tú en mis labios,
cuantas veces te he vomitado,
he invadido mis interlocutores
con tu hedor.
Tú, que apestas,
tú que me has lacerado,
desamparado,
que me has
metodicamente
matado adentro.
Cuantas veces,
inerme,
he vuelto a ti.
Ho tenuto il mondo tra le mani,
una volta.
L’ho afferrato così forte,
così fottutamente forte,
che le sue impronte mi si sono conficcate sui palmi.
Sono stata capace d’annusare la libertà,
d’abbracciare la brezza
e bere l’umidità di un respiro.
Sono arrivata a sentire tutto così mio,
talmente mio,
che so che ormai non v’è più ritorno,
non vi sarà ritorno a quei lampi di conoscenza
che altro non sono che uccelli di vetro
che si frantumano quando chiudi la mano,
tentando di renderli tuoi per sempre.