Ed ancora una volta mi trovo di fronte ai quadri del pittore che più al mondo ha finora fatto traboccare le mie viscere di amara consapevolezza terrena: Francis Bacon.
Le ombre corvine, le fratture, le ferite, gli spasmi, le bave. La staticità, il non-ritorno, le geometrie imperfette. Il margine mordicchiato della speranza vana. E quelle immagini pregne di coscienza malgrado la casualità del tocco, la totale mancanza di pianificazione.
La nausea di vivere, il vortice cupo dell’esistenza, circondato dal pallore vuoto della possibilità, dell’aspettattiva.
E non importa quanto fucsia ci sia nel turbinio della quotidianità, ci sarà sempre il nero ad aspettarti. Il nero quando ti volti di scatto, il ricordo , cinghiale aggressivo pronto all’attacco, l’ambizione rettile bavosa e strisciante che rilascia il suo veleno nelle nostre vene stanche ed insicure.
Perchè siamo carne da macello appesa, coscienza sterminata.
Non posso evitare di ripeterlo. Aveva capito tutto, il nostro dear Francis.
Painting: Francis Bacon, Tre studi per una crocifissione (pannello di destra), 1962. Trittico, olio su tela.
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