Fuori nevica. Qui, il quieto tepore del gas.
Tu dipingi ed io mi guardo intorno. Il pavimento, prima, le macchie di pittura bianca e rosa, i buchi sul cemento. Poi te, multicolore nel tuo acrilico vivace, che ti muovi lentamente, ma rude. Sposti le tele, le accarezzi, le guardi, le torni a cambiare di posizione. Ne hai sollevata una enorme e sei pronto ad oscillare la tua spatola su di una superficie candida e piana.
Il rumore del tuo lavoro accompagna i mie pensieri pigri, il tuo pollice sulla tela, poi la spatola, di nuovo. Tutto il resto è immacolato silenzio. Mi perdo nel tuo stucco, nel calore delle mie memorie disordinate.
Non scrivo bene ultimamente, è come se il mio cuore fosse geloso e non volesse condividere i propri sentimenti. Si sa, l’inchiostro ruba e non restitutisce.
Chissà perchè sono stata così male la settimana scorsa, non risalgo alla causa che mi ha gettato nello sconforto dei giorni passati, alla nausea che mi ha assalita recentemente. Sembra non essere mai esistita nel silenzio avvolgente del tuo laboratorio.
Sto iniziando a preferire la prosa al silenzio catartico del verso, alle metafore abbozzate dele mie scorse idee. Mi sembra più corretta, la prosa, più ben disposta verso il prossimo, più democratica nel descrivere le realtà: la tua, di protagonista e la mia, d'osservatrice apparentemente discreta.
painting by JON BRALEY.
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